Il che non signi ca che ignoriamo il mercato, ma che non ne siamo prigionieri.
Siamo invece prigionieri delle nostre manie, delle nostre intuizioni, delle nostre idee… della bellezza, dell’intelligenza e dell’originalità.
Siamo pirati della bellezza, dell’incanto, dello splendore, della genialità e della libertà di cui andiamo in cerca, disperatamente. Le opere che abbiamo iniziato a produrre tendono a mettere in luce luoghi apparentemente marginali della cultura, che, per la loro matericità, per la loro concretezza, per la loro particolarità, sono chiavi di lettura di interi mondi. Più di qualsiasi tentativo di analisi intellettuale. I nostri libri, come i manufatti degli artisti del Rinascimento, sono sostenuti da privati che non ne sono però i committenti. I nostri libri sono come dei bambini orfani che vagano nel mondo delle idee e negli spazi siderali della cultura. E talvolta vengono “adottati” da imprese, aziende e organizzazioni che si distinguono per intelligenza, qualità e indipendenza di azione e giudizio. L’“adozione” permette ai nostri testi, che vivono in luoghi lontani, di diventare libri, precipitati nel quotidiano mondo materiale degli uomini.
Abbiamo la presunzione di credere che l’“adozione” di un nostro libro sia un privilegio, una opportunità, una occasione per realizzare qualcosa che rimarrà. Sarà un’opera che avrà ricadute per tutti gli uomini e per tempi lunghi. Questo anche quando i nostri libri si occuperanno di soggetti apparentemente e meri e super ui, consapevoli come siamo che “nulla è più necessario del superfluo”. Nulla è più essenziale di ciò che alle nostre piccole e limitate menti appare marginale. Nulla è più centrale del dettaglio, che amiamo cercare e descrivere. Perché solo dal dettaglio si può capire ciò di cui si sta narrando. Solo il dettaglio ci fa capire il tutto. Solo il dettaglio contiene il tutto.
Non a caso un editore lavora attraverso quella piccola cosa che è la parola. E come dice Giovanni: “Nel principio era la parola. E la parola era con Dio. E la parola era Dio. La parola era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo della parola. E senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita. E la vita era la luce degli uomini”. E qui l’evangelista niente d’altro parla se non della concretissima parola. Zero misticismo e metafisica.
Ma era consapevole di parlare di una piccola e concreta cosa capace di creare mondi e luoghi infiniti. La parola. Appunto.
Buona lettura.
Carlo Galeotti
giornalista professionista, è nato a Viterbo nel 1959 e si è laureato in filosofia teoretica con tesi di filosofia della scienza a Roma. Per due anni ha insegnato Storia della stampa e dell’editoria all’Università della Tuscia.
Nell’anno accademico 2007-2008 ha tenuto il corso di Storia del giornalismo nello stesso ateneo. Ha un figlio, Lorenzo, che si occupa di logica e problematiche fondazionali della matematica.
Tra le opere pubblicate o curate per Stampa Alternativa: Credere obbedire combattere (1996); Don Milani – La ricreazione è finita (1999); Libertà (2004); in collaborazione con Laura Ognibene, Don Milani – Ideario (2008); Mussolini ha sempre ragione (riedizione – 2020 – Stampa Alternativa). Per altri editori: Achille Starace e il vademecum dello stile fascista (2000 – Rubbettino); Mussolini ha sempre ragione (2000 – Garzanti); Matrioske (2001 – Phoenix); Saluto al Duce! (2001 – Gremese); Il mestiere di scrivere (2020 – Ghaleb).
Negli ultimi anni si è occupato di giornalismo on line. Ha fondato i giornali on-line: Varesenews, Tusciaweb e Nonsololibri. Ha dato vita alla Tusciaweb Academy, che cura corsi di giornalismo multimediale on line.
Edita e dirige il quotidiano Tusciaweb, il più grande giornale solo on line del centro Italia.